E tutti i cani di Bagheria si chiamarono Jack: entusiasmi per la “liberazione” che non cancellarono gli orrori della seconda guerra mondiale in Sicilia

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Sbarco delle truppe Usa in Sicilia ad Augusta (o Gela) nel 1943.Foto archivio dell’autrice

 

Ospite dell’Istituto Gramsci Siciliano lo scorso 4 maggio è stato il periodico on line dell’Università di Palermo «InTrasformazione, rivista di storia delle idee» che, con il più recente numero (vol.6,n.1,2017), regala un piccolo gioiello a cultori e appassionati di storia siciliana. Si tratta de La guerra in Sicilia (1940-1943), un e book scaricabile gratuitamente, che  racchiude i molti articoli scritti dal giornalista e scrittore Mario Genco e pubblicati nel tempo dai principali quotidiani di Palermo.

Andando ben oltre la mistica della “liberazione americana” il testo apre con una narrazione dell’orrore riversato sulla popolazione siciliana e su tutta l’isola, vittima di bombardamenti incessanti e spropositati da parte degli Alleati. Inclusi quelli sulla piccola isola di Favignana dove non vi erano obiettivi militari e però vennero uccisi 77 civili, tra cui molti bambini.

Il ritmo serrato del racconto e l’asprezza del lessico catapultano il lettore dentro una serie di fotogrammi ove il fragore delle bombe si percepisce ancora più dell’immagine. La contabilità di morti, mutilati e feriti è impressionante, i danni alle città, ai monumenti e alle coltivazioni incalcolabili.

Citati numerosi e assurdi episodi − come la resa di Lampedusa ad un unico sergente pilota della Raf, spacciata per “conquista” – che offrono spazio all’autore per ridicolizzare l’altisonante retorica bellica. Si parla dello sbarco, del generale Patton a Palermo, del saccheggio di 6.000 bottiglie di vino e liquori pregiati nella cantina di Palazzo Orleans, della distruzione di Palazzo Lampedusa e di tanto altro.

 

Sicilia, estate 1943, generale Patton, comandante V Armata
Sicilia 1943: generale George Smith Patton, comandante VII Armata. Foto archivio dell’autrice

 

 

«Ho pensato di affidare il contenuto di questo libro agli ectoplasmi» − ironizza Genco, riferendosi al formato digitale del testo – ma il suo intrinseco valore storico, sostanziato da una vastissima bibliografia, avrebbe preteso ben di più. Poco male, dal momento che la tecnologia ci consente di stamparlo a casa e il nostro intuito di dargli un bel posto in libreria.

Nel suo interessante intervento sul tema, in particolare a proposito dell’adesione dei Siciliani al regime fascista, il professore Giuseppe Campione, − eclettico protagonista della cultura e della politica in Sicilia − ha spiegato che vi fu un consenso solo da parte di alcune categorie sociali che ne beneficiarono. L’irrompere della guerra e la conseguente drammaticità delle condizioni di vita fecero sì che il consenso si esaurì, in realtà perché non c’era mai stato.

Per il giornalista Franco Nicastro il dissenso al Fascismo si cominciò a manifestare all’inizio del ’42, quando «i Siciliani cominciarono a vedere i costi della guerra, i devastanti bombardamenti, la fame». La ratio degli attacchi aerei fu una vendetta per le atrocità commesse dai fascisti in guerra e intendeva minare l’umore della popolazione e far capire l’inutilità della resistenza. Atroce il massacro compiuto ad Acate, l’antica Biscari, da parte dell’esercito degli Stati Uniti, crimine di guerra in cui vennero uccisi 76 prigionieri, preceduto da una strage di civili inermi.

Alfio Mastropaolo, docente di Scienza Politica, ha ricordato che se l’entusiasmo generale per la “liberazione” fece quasi dimenticare la potenza dei bombardamenti inglesi e statunitensi, la disorganizzazione di una guerra fatta da “pasticcioni” e l’assenza dello Stato giustificò il sorgere in Sicilia del movimento separatista.

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